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Di cosa parliamo quando parliamo di “moda etica”?

viene da chiederselo. viene da chiederselo soprattutto dopo aver visto il filmato, tratto da un convegno che si è tenuto a Firenze il 15 aprile scorso: La moda eco etica è solo una moda?  Il moderatore era Bruno Vespa (!!!).Organizzato dal Centro di Firenze per la moda italiana, prevedeva tra i partecipanti  politici, stilisti, imprenditori tessili, rappresentanti delle associazioni di categoria. Non vi pare che manchi qualcuno all’appello se si parla di moda etica? Commercio equo, campagna Abiti Puliti? Ma allora è inevitabile chiedersi,  parafrasando un’opera di Carver, di cosa parliamo quando parliamo di moda etica? Dal convegno emerge questa definizione: “La moda etica è la capacità paziente di stare nei processi, non è quella che crea ogni volta l’evento, la meraviglia, ma è quella che crea il cult, il brand e fa cose intelligenti”.

Su moda come cult e brand non c’è bisogno di soffermarsi, ma cosa significa questo “fare cose intelligenti?” Da quello che ho potuto leggere, durante il convegno non si è parlato di processi produttivi se non per il made in Italy, garantendo la capacità che ha il tessile italiano, se valorizzato (strizzatina d’occhio ai politici), di creare posti di lavoro e reddito. Non si parla però di delocalizzazione, nè delle condizioni di lavoro nelle aziende dei terzisti dei paesi dell’Est o del sud est asiatico. Eppure ciò che esce da quelle aziende può portare  la dicitura Made in Italy . Infatti per definire un prodotto “made in Italy” è sufficente che questo “anche se in parte prodotto o fabbricato all’estero, abbia subito in Italia l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale(…)” Per capire quante cose implichi  questo “anche se”  si può guardare il bel servizio di report Le ombre della moda . L’etica però non è fatta di anche se, nè di brand o cult e non è solo intelligenza.  Albert Schweitzer, premio Nobel per la Pace disse che “il primo passo nell’evoluzione dell’etica è un senso di solidarietà con altri esseri umani”. Altra parola, solidarietà, che insieme a rispetto e diritti, non è comparsa nelle tante dette il 19 aprile. E allora di nuovo, di cosa parliamo quando parliamo di “moda etica”?