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Quando il merchandise olimpico è poco…sportivo (con i diritti dei lavoratori)

Portachiavi, peluche, adesivi, badge, zaini e carte da gioco in edizione limitata per Londra 2012: un business da 1 miliardo di sterline. Ma chi paga i veri costi di questi oggetti? Ce lo dice un report della campagna PlayFair 2012 (un progetto coordinato dal Trade Union Congress and Labour Behind the Label), diffusa in Italia dalla campagna Abiti Puliti. Il report indaga sulle condizioni in due fabbriche in Cina che si occupano della produzione di merchandise con il logo dei giochi olimpici di Londra 2012. La fabbrica a Huizhou nella provincia del Guangdong non è vicina a nessun’altra città e i lavoratori sono completamente isolati. La maggior parte di loro proviene da villaggi rurali cinesi, è di età compresa tra i 16 e i 24 anni e difficilmente ha accesso alla casa, all’educazione e alle cure mediche. Anche la seconda fabbrica si trova nella provincia di Guangdong e produce peluche da esportazioni con 250 lavoratori in bassa stagione e 600 nei periodi di alta produttività. In entrambe le fabbriche il report denduncia la violazione di tutti gli standard sanciti dal codice di condotta che si è dato lo stesso Comitato Organizzatore dei Giochi olimpici e paraolimpici di Londra (LOCOG), che include l’Ethical Trading Initiative Base Code:
– salari da fame e orari di lavoro eccessivi
– nessun contratto
– nessun diritto e nessuna rappresentanza sindacale
– luoghi di lavoro pericolosi.
Oltre a denunciare le violazioni la Campagna Play Fair ha chiesto al comitato olimpico di lavorare per risanare la situazione e pretendere condizioni di lavoro dignitose.

Possiamo dirlo? Se il comitato olimpico avesse scelto Promoetica..beh non avrebbe avuto questi problemi!