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Sprechi à la carte (M’illumino di meno post)

Sarebbe potuto sembrare un episodio evangelico: 5000 persone sfamate con gli scarti, ma eravamo a Londra e non in Terra Santa, anche se poche settimane prima di Natale. Feeding the 5000 era una megatavolata di piatti cucinati solo con cibo recuperato, una gigantesca zuppa profumatissima che ha scaldato i passanti londinesi. Un modo efficace per coinvolgere le persone sulle enormi dimensioni dello spreco quotidiano: più di 5 tonnellate di cibo ancora perfettamente commestibile viene buttato ogni anno in Gran Bretagna. E noi mica siamo più virtuosi: in un anno ogni italiano spreca circa 60 chili tra pasta, frutta, verdura e carne, anch’essi  intatti. In totale lo spreco annuo di prodotti alimentari ancora perfettamente consumabili ammonta a 1,5 milioni di tonnellate pari ad un valore di mercato di 4 miliardi di Euro. Ogni giorno finiscono in discarica o all’incenerimento 4 mila tonnellate di alimenti, il 15% del pane e della pasta che gli italiani acquistano quotidianamente, il 18% della carne e il 12% della verdura e della frutta. Secondo l’Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori (ADOC) ogni famiglia in Italia getta via all’anno 584 € di prodotti alimentari su una spesa mensile di 450 €, circa l’11%.  Sugli sprechi e sulle loro possibilità Tristam Stuart ha scritto un libro: “Waste, Uncovering the global food scandal” in cui spiega che lo spreco di cibo è uno dei più gravi e sottaciuti  problemi ambientali, direttamente connesso a quelli più noti come la deforestazione, la scarsità di acqua, il riscaldamento globale. A costruire questa immensa piramide di sprechi non sono solo i prodotti buttati perchè vicini alla scandenza (e quindi non acquistati da nessuno), le eccedenze invendute (carni e prodotti caseari in particolare), la frutta e la verdura rifiutata perchè non corrispondente agli  standard -estetici- pretesi dai supermercati (circa il 40%!),  ma anche tutto il dispendio causato dallo stesso sistema di distribuzione, che fa si che dalla fonte ai nostri piatti, circa un terzo dei prodotti venga sprecato. Tristram non si limita a mostrare i problemi, indica alcune vie di miglioramento, dalla ridistribuzione degli invenduti a chi ne ha bisogno, attraverso le organizzazioni che lavorano con i senzatetto o le famiglie più povere delle città (come fa in Italia il Last Minute Market), alla pressione affinchè i supermercati attuino alcune politiche come vendere a prezzi ribassati prodotti vicini alla scadenza, fino a chiedere una riformulazione delle norme sull’indicazione della scadenza su molti prodotti. Non ultimo, Tristram sottolinea quanto ogni persona o famiglia può fare singolarmente per evitare gli sprechi, piccole azioni come consumare tutto ciò che si acquista e acquistare solo quanto si può consumare, scegliere frutta e verdure sfuse, riciclare, conservare…e tutto ciò che un sano buonsenso sa indicare.